pizzostory 5 GIU 2015 e 5 GIU 2018 – S.Ten. G.d.F. Giorgio Maria Barbarisi. Un Eroe per caso. Mica tanto però

Da: Annunziato Seminara
Data: 05/06/18 11:33 (GMT+01:00)
Oggetto: pizzostory 5 GIU 2015 e 5 GIU 2018 – S.Ten. G.d.F. Giorgio Maria Barbarisi. Un Eroe per caso. Mica tanto però.

pizzostory 5 GIU 2015 e 5 GIU 2018 – S.Ten. G.d.F. Giorgio Maria Barbarisi. Un Eroe per caso. Mica tanto però.
Stavolta mi espongo.

Navigando – navigando,  si apre una pagina tristissima che vale la pena leggere, e che rileggo sempre, e che vi ripropongo ancora una volta, senza stancarmi di ripeterlo. Punto, punto e virgola. Due punti.
Ricordo quel “fattaccio”. Mi porta “a casa nostra”.

Quel nome e quella triste e penosa cronaca.

GIORGIO MARIA BARBARISI, Allievo della Scuola Militare di Roma, corso 1938 – 41.

Vagamente mi riporta, una cronaca, ai racconti di Nino Zuco, Allievo di Palazzo Salviati a Roma, di Alberto Blarzino e di Igidio e Remo Missori, quest’ultimi due Allievi sia di Palazzo Salviati sia della Nunziatella.
Già, casa Nostra.
E forse non è stato proprio un caso. Proprio no.

5 giugno 1944, il giorno dopo dell’ingresso degli anglo-americani a Roma, 74 giorni dopo la tragedia di Via Rasella.
Via delle Tre Cannelle, vicino a Piazza Venezia. Un giovane sottotenente della Finanza, appena issato dopo sua richiesta al Comando Americano il tricolore al Quirinale “insieme” alle Bandiere del Comando Alleato, scorge un manifesto che dileggiava il Re.
Ricordiamo che secondo le disposizioni del Gen. Clark, Comandante delle truppe alleate in Roma, bisognava reprimere ogni atto o manifestazione che fosse provocatorio in una città ancora in fibrillazione per i lunghi mesi di repressione, che c’era ancora la monarchia e quell’Ufficiale era ancora sotto giuramento al Re, che il manifesto era oltraggioso e  avrebbe eccitato animi ancora accesi in quei giorni drammatici.
Occorreva perciò rimuovere quel manifesto.
A pochi passi c’era la redazione dell’ Unità.
Qualcuno gridò.Arrivò Rosario Bentivegna, quell’eroe che mise il bidone esplosivo a Via Rasella, 74 giorni prima.
Si disse che vicino al corpo esanime di Barbarisi ci fosse la sua pistola d’ordinanza. Un testimone subito acorso, che si firmò in una sua lettera, non la vide.
Una storia successiva riportò che il manifesto esaltava le truppe alleate, quindi non fosse oltraggioso per il Re. Ma questa circostanza non fu testimoniata dai pezzi di carta stracciata. Eppure c’erano i fotografi. Infatti riportarono l’Ufficiale a terra, ma, a suffragare il testimone anzidetto, senza la sua pistola d’ordinanza vicino alla testa.
Tra l’altro sarebbe stata inusuale la posizione di un corpo che cade e che la pistola in mano sarebbe andata a finire vicino alla testa, come affermarono il Bentivegna e chi lo difese.
Sembra che vi fosse un sottufficiale con il Barbarisi. E che questi iniziò a rimuovere quel manifesto, poi decisamente stracciato dall’Ufficiale.

Rosario Bentivegna fu arrestato, processato per direttissima a metà luglio, condannato a 18 mesi di carcere per “eccesso di legittima difesa”, ma in processo d’Appello, velocissimo, circa un mese dopo !!!, fu rilasciato per “legittima difesa”. Nessuna prova di reperti. Né fu riportata nel giudizio  la versione del sottufficiale che sarebbe stato presente quel 5 giugno a Via delle Tre Cannelle con il suo Ufficiale..

Al Sottotenente Giorgio Barbarisi gli anglo-americani, in Piazza Venezia, davanti ad un reparto in armi fu concessa una “Bronze Metal Star ” alla Memoria, “Croce di Bronzo“. Si seppe che faceva parte del CLN, il Corpo di Liberazione Nazionale.

Vale la pena citare che a Roma, il CLN, composto a Roma da Militari in servizio e/o inabili per convalescenze dovute a ferite di guerra o a malattie, era guidato nella clandestinità dal Ten. Col. Luca Cordero di Montezemolo, Medaglia d’Oro alle Fosse Ardeatine, prelevato da Via Tasso, carcere nazi-fascista dove era stato portato per delazioni di “incontrollata e MAI ACCERTATA provenienza” (il suo Comando, VA DETTO!, vietava l’uso di armi della “Roma-Città Aperta” e le sequestrava con rigore per evitare rappresaglie contro inermi cittadini,  ma era contestato da chi invece voleva promuovere attentati ovunque fosse stato possibile: mia contezza per aver avuto una testimonianza diretta in famiglia, suffragato poi da tante altre da parte di storici e cronisti di qualsiasi orientamento politico).

Poi, per Giorgio Barbarisi, una laurea ad honorem non si sa in quale Università, quindi l’intestazione di una Caserma della Finanza a Bologna, ma non si sa se ancora lo sia ancora, come non si sa se ancora ci sia la stessa Caserma della Finanza.

A Rosario Bentivegna, nel dopoguerra, oltre ai tributi propagandati alla sua figura di eroe, fu concessa in primis, un po’ in ritardo, una Medaglia d’Argento per azioni di guerriglia partigiana e per il fatto di Via Rasella (1951). Poi una Medaglia di Bronzo per azioni contro i Tedeschi nelle retrovie a ridosso di Monte Cassino. Poi, sembra, una Stella d’Oro Garibaldina per attività partigiane.

Per evitare confusioni e assonanze di parte, che potrebbero sembrare “orientate” sui comportamenti del Bentivegna e sulle sue affinità ideologiche, non si citano le attività politiche e le iscrizioni a partiti fino al 2012, anno della sua morte.

Considerazioni. Sembra MOLTO improbabile che il Sottotenente Giorgio Barbarisi abbia estratto la sua pistola d’ordinanza e che abbia sparato per primo, si disse un colpo in aria ed uno che sfiorò il Bentivegna accorso a gran voce dai richiami di compagni di partito. Non risulta che la pistola dell’Ufficiale fosse mai portata al processo d’Appello del condannato Bentivegna, come reperto che potesse almeno confermare la circostanza che fosse stata usata dall’Ufficiale. Né fu portato almeno un brandello di quel manifesto stracciato che attestasse la veridicità del contenuto, parole che secondo i testimoni delle difesa esaltavano gli anglo-americani e non fossero offensive verso l’allora regnante protempore, ancora unica massima Autorità dello Stato di quei giorni.
Dopo la sua morte, 2 marzo 2012, nel settemre successivo fu proposta a Roma, dall’ ANPI, una via romana a nome di Rosario Bentivegna. Ma anche una per Giorgio Barbarisi dal fronte opposto del Consiglio Comunale. Una sorta di par condicio. E l’ANPI insorse. Morale della favola triste, nessuna via al primo, nessuna via al secondo.

Bergamo. C’é nella toponomastica Via Giorgio e Guido Paglia. Il primo, Ex Allievo dell’allora Collegio Militare di Milano, oggi Scuola Militare Teulié, giovane 23enne che, per la sua dimestichezza con le “cose militari”, durante le sommosse antitedesche comandava una piccola “brigata” partigiana. La “Brigata” ebbe uno scontro a fuoco con reparto nazi-fascista. Giorgio Paglia fu gravemente ferito. Un miliziano fascista, riconobbe in lui il figlio di un suo camerata, Guido Paglia, Bersagliere volontario mutilato della Grande Guerra e volontario in Africa con la Milizia Fascista (da mutilato era stato dichiarato inabile al servizi militare), decorato con Medaglia d’Oro alla memoria. Disse a Giorgio che avrebbe potuto salvarlo dall’esecuzione prevista il giorno dopo testimoniando che questi si trovava per caso nello scontro a fuoco.
Giorgio si oppose dicendo che se doveva essere salvato dovevano essere liberati anche i suoi compagni.
Il miliziano ritirò la proposta dicendo che non sarebbe stato possibile aderire alle parole del ferito, già condannato a morte. Giorgio chiese, anzi, di essere fucilato per primo. Chiese quindi di scrivere una lettera alla madre.
In quella lettera scrisse che “….Papà non avrebbe accettato…..“.
Anche Giorgio Paglia ebbe una Medaglia d’Oro alla memoria.

Già, un altro “Giorgio”. Due EROI. La Storia ne ricorda soltanto uno. Insieme al Padre, Eroe “di un’altra sponda”.
L’altro Giorgio, il Barbarisi, è inciso in una lapide abbandonata al Verano, con iscritte solo le parole della Mamma, parole semplici che non offendono alcun versante ideologico.

Chissà quanti come Barbarisi. Sembra, che un’aula dell’Accademia della Guardia di Finanza, a Bergamo, sia intitolata al S.Ten. Giorgio Barbarisi. Sembra. Ma, con certezza, gli Allievi da me interpellati che entrano in quell’Aula ne sanno ben poco. Molto ben poco.

Idee personali. Con un po’ di fatica, avendo avuto un onestissimo e sereno confronto con Antonello Trombadori, notissimo protagonista della Resistenza romana, facente parte del Triunvirato partigiano di Roma (con Amendola e Parri) compagno d’armi e amico di mio Padre ai tempi del 2° Reggimento Bersaglieri di San Francesco a Ripa (dedicò a mio Padre anche una poesia), ho pensato che il fatto di Via Rasella avesse in Bentivegna un giovane animato da furori incontrollati e comunque sollecitati dai fervori antitedeschi e patriottici, comprensibilissimi in quei giorni.
Forse sarei potuto essere anch’io al suo posto in quei giorni. Ma non posso negare che quella Medaglia d’Argento, quella Medaglia di Bronzo, quella Stella d’Oro Garibaldina l’avrei donata a quegli sventurati martiri, di cui molte Medaglie d’Oro, sepolti nelle Fosse Ardeatine. Segno di umiltà e rispetto per quelle vittime.

E’ una riflessione che sempre ho espresso. Senza acrimonia ideologica.
Ma, credo degna di un “uomo” che riconosce come il suo gesto, per quanto spinto da animo nobile, avrebbe dovuto essere dedicato a vittime trascinate nel baratro della crudeltà della guerra.
Quelle “decorazioni”, per quanto mi riguarda, pesano gravemente e pesano ancora nella Storia di quegli anni.

Come accennato nelle prime parole, ho saputo per caso di Giorgio Barbarisi, scavando nei ricordi degli Ex Allievi della Scuola Militare di Palazzo Salviati, per caso perché le memorie della Storia sono, anche troppo spesso, nascoste: vilmente nascoste. Ancora con viltà.
E nello scoprire Giorgio Barbarisi ho ben distinto le figure del patriota che a fatica supponevo dal terrorista assassino. Perché 74 giorni dopo di Via Rasella, quel gesto testimoniato con falsità, certe e frettolose giustificazioni non provate, è semplicemente il gesto che un ambizioso e arrogante assassino presuntuoso può esprimere.
E la marginalizzazione delle falsità storiche denunciano la vera natura dei “moderati” che nascondono la pavidia culturale di finti intellettuali, storici e politici.

Accomuno la parola EROE a Giorgio Barbarisi e a Giorgio Paglia.
Due “Giorgio”, di seconda fascia storica (sono critico?). Perciò forse a caso Eroi per caso.
E non a caso figli di due Scuole Militari: ma questo, in verità, non è a caso, è spirito di corpo.

Ogni 5 giugno, da tre anni, mi ritorna in mente.

Nunzio, corso 1960

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——– Messaggio originale ——–
Da: Luca Miraglia
Data: 05/06/18 16:55 (GMT+01:00)
Oggetto: Re: pizzostory 5 GIU 2015  e 5 GIU 2018 – S.Ten. G.d.F. Giorgio Maria Barbarisi. Un Eroe per caso. Mica tanto però.

Al Sottotenente Barbarisi è intitolata la Caserma che ospita l’Accademia della Guardia di Finanza a Bergamo, non solo un’aula.
Per volontà espressa del Comandante Generale annualmente ci vengono narrate le gesta dei più celebri tra i “medagliati” del Corpo.
Giorgio Maria Barbarisi in testa.

A presto e grazie a Nunzio
Luca Miraglia 2011/14