Da: Annunziato Seminara
Data:07/06/2015 16:36 (GMT+01:00)
Oggetto: pizzostory 5 GIU 2015 – Ten. G.d.F. Giorgio Maria Barbarisi. Un Eroe per caso. Mica tanto però.
pizzostory 5 GIU 2015 – Ten. G.d.F. Giorgio Maria Barbarisi. Un Eroe per caso. Mica tanto però.
Navigando – navigando, tra una Olimpiade e l’altra, clicco l’inno dei giochi che caratterizzò gli eventi romani del 1960.
Alla voce “Sole che sorgi” si apre una pagina tristissima che vale la pena leggere e chi vi ripopongo per intero, scritta, così pare, dall’Amministratore del gruppo, dallo pseudonimo “Avus”, assai colpito dal “fattaccio che ricordava” per tutti gli onesti con tanto sentimento.
Ricordavo quel “fattaccio”. Mi portava “a casa nostra”.
Sfogliando – sfogliando ho ritrovato quel nome e quella triste e penosa cronaca.
GIORGIO MARIA BARBARISI, Allievo della Scuola Militare di Roma, corso 1938 – 41.
Vagamente mi riportava, quella cronaca, ai racconti di Nino Zuco, Alberto Blarzino e Remo Missori, quest’ultimi due Allievi di Palazzo Salviati e della Nunziatella.
Già, casa Nostra.
E forse non è stato proprio un caso. Proprio no.
“ Vidi il tenente Barbarisi in circostanze tragiche. Era il 5 giugno 1944, il primo giorno con gli americani a Roma (entrati il quattro).
Mi trovavo in Piazza Santi Apostoli quando della gente si mise a correre verso via Quattro Novembre. C’era stato qualche scontro, una zuffa.
Mi diressi anch’io lì, sperando non ci fosse andato di mezzo il solito fascista o presunto tale. Giunsi così dinanzi il palazzo d’angolo con via delle Tre Cannelle, appena occupato dal Partito Comunista come sede propria e del giornale l’Unità. Ebbene, sull’angolo, fattomi largo, mi trovo a tu per tu con il tenente Giorgio Maria Barbarisi, supino in terra, con gli occhiali da sole sugli occhi, forse appena deceduto (ebbi pure il sospetto non lo fosse ancora).
Era un bel giovane, aveva la divisa in ordine, pulita e stirata, messa di certo quella mattina in occasione della nuova realtà romana. Un filo di sangue si spandeva sul selciato. Il corpo, o il moribondo, veniva guardato da due “partigiani” con la faccia scura e il mitra in mano.
Chiesi se non era il caso di portarlo in ospedale, al Celio, ma uno di loro disse “non vedi che questo balordo è più morto di un morto?”.
Domandai cos’era successo e chi mi rispose affermò trattarsi di un ufficiale “fascista” (ma guarda! era del Comitato Liberazione romano) in quanto aveva contestato o cercato di strappare un manifesto comunista offensivo al re, appena affisso. Ne era nata una discussione e aggressione verso l’isolato tenente che, dissero tutti, aveva tirato fuori la pistola d’ordinanza. Allora un partigiano più di spicco, quello di via Rasella, in un baleno gli sparò (qualcuno forse pose poi la sua pistola a lato della testa, io non ricordo d’averla vista). Gli alleati, malgrado le pressioni esercitate, processarono l’esecutore, trovandosi di fronte una sfilza di testimonianze sull’aggressività del Barbarisi, che si trovava solo di fronte la sede del PCI e un nugolo di partigiani. Pur col clima giacobino del momento il giudice inglese non assolse il partigiano, si limitò a infliggergli 18 mesi di reclusione per “eccesso di legittima difesa”, sentenza annullata in un compiacente appello italiano.
Rividi il tenente in alcune foto ed infine l’ho inaspettatamente incontrato al Verano. Anche se con l’immagine un po’ diversa l’ho riconosciuto e mi ha fatto piacere rivederlo; mi sono seduto sul muretto e gli ho parlato a modo mio (ah il vizio che non mi lascia di parlare un po’ con tutti in questi casi, anche se sono passati anni ed anni). Abbiamo fatto un breve excursus da quel tragico giorno e l’ho assicurato, posto non lo abbia saputo in altro modo, che i “rossi” non erano e non sono passati, almeno sino ad oggi, anzi da oggi non più, sono al governo, augurandomi sia per poco (se ne andranno presto per implosione interna), e poteva contare sul ricordo mio, che non si era affievolito, oltre quello di altri che avrei provato a ravvivare.
Non ho mai pensato che il tenente Barbarisi fosse un fascista, facendo egli parte del C.L.N. (e perché poi escludere non abbia avuto simpatie per il Duce, magari in passato?), io comunque quel giorno inorridii al pensiero in che mondo saremmo caduti se finiti in mano a quei barbari peggiori dei lanzichenecchi del cinquecento. Fascista o non fascista, italiano fra italiani, certo non comunista, ricordiamo il tenente Giorgio Maria Barbarisi.
Mi rivolgo a chi legge, se siete di Roma o vi trovate a Roma, perché non andate a trovarlo? entrate dal cancello Verano Scalo San Lorenzo, percorrete il viale di fronte, fate più o meno 140 passi e incontrerete sulla sinistra il tenente Barbarisi. Di fronte vi imbatterete prima col Generale del Genio Navale Umberto Pugliese, di razza ebraica, forse di religione cristiana visto che è nella sezione cattolica; è stato il progettista della corazzata Vittorio Veneto e colui che, pur colpito dalle leggi razziali, recuperò le corazzate affondate a Taranto dall’attacco degli aerosiluranti inglesi SwordFish…
Un ricordo fosco 1944, stavolta con un ufficiale italiano morto per mano degli eroi di via Rasella. Come dimenticarlo, anche se ormai in ben pochi ne conservano memoria? ”
siminarion