Da: Annunziato Seminara
Inviato: Sun, 1 Jul 2018 10:24:02 +0000 (UTC)
Oggetto: pizzostory 01 LUG 2018 – A PASSEGGIO NELLA STORIA CHE PASSEGGIA
pizzostory 01 LUG 2018 – A PASSEGGIO NELLA STORIA CHE PASSEGGIA
A volte si risfogliano pagine di letture già sedimentate nella memoria ma che riemergono improvvise con la stessa lucidità di quando sono state lette, scritte e trasmesse alla ricerca di una condivisione e/o per alimentare un confronto.
Adriano Alberti ha diretto dal 1923 l’Ufficio Storico dello S.M.E.
E’ stato l’autore di un saggio sulle vicende di Caporetto, pubblicato recentemente nel 2004 perché “stoppato” da Mussolini in quanto vi emersero precise responsabilità di un certo Pietro Badoglio.
Non ci si addentra adesso sulla più volte citata questione. Ma in altre pubblicazioni, Alberti, che segnò l’inizio di una scientifica ricostruzione degli avvenimenti di Storia Militare, non mancò di esaltare Alberto Pollio, da molti “più”, relegato come asservito agli Imperi Centrali e, non solo, a significare con dovizia di argomenti e di testimonianze di avversari e di alleati della nostra Grande Guerra, le capacità di Luigi Cadorna, il Generalissimo, oggi in via di riesumazione con riabilitazione da parte di Storici Militari meno asserviti, loro, alle vulgate opinioniste popolari e, sotto-sotto, un po’ forzate, se non faziose di correnti salvifiche di alcune “Superiori Autorità” militari che, dopo la cavalcata di Vittorio Veneto fino a mezzo secolo dopo, avevano scalato i vertici delle gerarchie. Tutte, guarda un po’, vicine al Badoglio Maresciallo, oltre ad essersi distaccati dal “prima-seguitissimo” Capello, già marciante squadrista su Roma e poi complottista contro il Duce qualche anno dopo.
Varrebbe che queste considerazioni le risolvessero con umiltà alcuni superficiali lettori anche di casa nostra.
Ma Alberti pubblicò anche una Storia sulle vicende di Gaeta dal settembre 1861 al febbraio dell’anno dopo, nonché di quelle di San Benedetto del Tronto, l’ultima guarnigione dei Borbone.
pizzoflash se ne occupò con la riproduzione di un proclama divulgato ai “soldati piemontesi” il 17 febbraio del 1861 e che qui si ripropone alla attenzione serena di qualcuno.
“pizzoflash 3 OTT 2015. Cialdini a Gaeta il 17 febbraio 1861
Soldati!
Noi combattemmo contro Italiani, e fu questo necessario, ma doloroso ufficio. Epperò non potrei invitarvi a dimostrazioni di gioia, non potrei invitarvi agli insultanti tripudi del vincitore.
Stimo più degno di voi e di me il radunarvi quest’oggi sull’istmo e sotto le mura di Gaeta, dove verrà celebrata una gran messa funebre.
Là pregheremo pace ai prodi che durante questo memorabile assedio perirono combattendo tanto nelle nostre linee, quanto sui baluardi nemici!
La morte copre di un mesto velo le discordie umane, e gli estinti sono tutti eguali agli occhi dei generosi.
Le ire nostre d’altronde non sanno sopravvivere alla pugna.
Il soldato di Vittorio Emanuele combatte e perdona!
Il generale Cialdini
17 febbraio 1861
Non sempre la Storia ci dice tutto
siminarion ”
La rilettura di altre pagine di Storia fu riproposta da “pizzofalcone.it”, tra l’altro tema principe del convegno “Prima del Piave” tenutosi alla Nunziatella, nell’Aula De Santis riempita dal Battaglione Allievi e sguarnito di Ex Allievi (solo nel numero altamente significativo di 3 unità….., numero simbolo).
Oltre all’anteprima dei progetti di strategie militari a ridosso del Piave dello S.M.E. da Cosenz a Pollio, si rilessero alcuni saggi di geopolitica di Friederik Hegel, sì, proprio lui, dell’ambo secco Marx-Hegel, che una 60’ina di anni prima parlavano del Piave. Ma, intendiamoci, si parlò del Piave non come baluardo di una ritirata italiana, ma, che stravaganza !, della soglia che gli austrungarici avrebbero dovuto considerare in caso di ritirata per offensiva dei piemontesi!. Quando diversamente alcuni “illustri studiosi”, richiamati dal consenso di onda lunga degli autodisfattisti, richiamarono quegli studi come previsioni dotte e “inconfutabili per confutare” la distratta e disattenta condotta dei capi militari italiani. Naturalmente per merito, il demerito, della ditta Luigi Cadorna & Co.
Perché questi richiami?
Perché la Storia va contestualizzata sì, ma va scritta e riletta con onestà. Va contestualizzata e deve essere analizzata con la libertà di cercare la verità. E va percorsa ragionando. Non è lettura da passeggio.
L’anteprima di un ulteriore saggio del sessantaseienne Francis Fukuyama, celeberrimo autore di un tomo su “La fine della Storia”, accenna all’Hegel anzi citato, come ideatore della formula sulla “fine della Storia”, quale immanenza del sopravvenuto solco a partire dalla seconda metà del XIX secolo fra società dei capitali e società di irrompenti esclusi, fra oppressori e oppressi, tanto in una sintesi quasi telegrafica, ovvero da twitter di questi tempi, senza malevoli obiettivi ideologici e politici.
Il tema della Storia che finisce ha percorsi di lunga data, addirittura a partire da Erodoto, fino a passare a studi su “Fede e Ragione”, a Voltaire e a nichilisti di varia estrazione. Campo della Filosofia della Storia, che avvince sempre e che è bene sfiorare appena e non toccare per non scottarsi.
Francis Fukuyama, attualizza il suo studio e lo arricchisce di altre considerazioni. Nelle ultime righe estratte dall’anteprima del saggio si rilevano osservazioni che da più parti emergono (anche da chi adesso vi scrive), ad esempio, proprio nel “confronto-lotta” fra i più ricchi e gli emarginati, sul fenomeno dell’epopea migratoria che viviamo. Perché, c’è da chiedersi, i migranti non si indirizzano verso le estesissime aree dei nuovi paesi ricchi, anzi nuovi ricchissimi come la Cina.
Una pausa di riflessione sulla Storia che viviamo e sulla quale “passeggiamo”, senza pensiero critico e autocritico. Un monito per chi, non da poco tempo, così si esprime, “vota coni piedi”.
Il saggista politologo di Chicago, Università della California di Palo Alto, è statunitense a tutti gli effetti. Ha gli occhi a mandorla. Forse il cromosoma che gli fa leggere i fatti di oggi e che lo sostiene la sua indubbia analisi, lo ha guidato nel commento che parecchi dovrebbero farsi da soli.
siminarion