Da: Annunziato Seminara
Data: 17/02/19 18:38 (GMT+01:00)
Oggetto: pizzostory 16 FEB 2018 – PRIMA E DOPO GAETA
pizzostory 16 FEB 2018 – PRIMA E DOPO GAETA
Oggi, due giorni dopo.
Prima di Gaeta, navigando dalle terre della Magna Grecia e salendo dopo lo stretto di Scilla e Cariddi, viene Napoli.
Fra i flutti e fra gli scogli, tutta infrattata, viveva una bellissima sirena, che vuol dire “vergine”, che si chiamava Parthenope.
Passa da lì un certo Ulisse. Lei s’invaghì. Lui aveva altro a che pensare. Chissà, secondo storico-filosofici-editorialisti era alla scoperta della “modernità” che oggi staremo vivendo. Boh!
La bella sirena si gettò da una rupe, il mare la portò su uno scoglio-isolotto, Megaride, dove si sciolse, del resto pesce era per metà, e, evaporando, volò sul Monte Echia, dove nacque Neapolis.
Per altri era, la Parthenope, una fanciulla ateniese che, per scappare dai genitori che non volevano favorire una sua cotta clandestina (la parola “clandestino” nacque da allora, senza le polemiche odierne….) fece coppia in una “fuitina” con un giovane belloccio, Cimone. Da lui il nome della fregata, nome d’arte, che assistette e ci onorò a Messina nel gemellaggio tra i Calabrotti e i Siculi. Ma anche la cima del Cimone, che tant’altro ben più grande onore segnò per i Fanti della Grande Guerra e che l’oracolo ortiseo evocò quel sabato di tre anni fa.
Fuì che ti fuì, arrivò a Neapolis. E ancora sta nella città di Napoli odierna. Dov’è con ilCimone bisboccio?, nel sotterranei di Pizzofalcone? Dove partorì la sirenetta plurigravida ben 12 figliocci? Perché 12? Come gli Apostoli? Boh!
Ma la sirena Parthenope, le male lingue, anche allora c’erano!, dicevano e dicono che s’era innamorata, dopo l’intercessione un po’ ruffiana di una freccia che un divo a video a luci rosse che si chiamava Eros le aveva scagliato, di un virgulto di nome Vesuvio, che era un centauro. Metà uomo e donna, metà pesce e cavallo, Zeus, il Gran Dio (o Deo?) Maestro, che tutto il bello del suo creato era suo (come ci obbliga a credere oggi qualche altro Gran Maestro), trasformò Vesuvio nel vulcano che sappiamo, così Parthenope, attratta dall’infocata passione non potesse toccare il fuoco della lava, dentro e fuori di lui.
La sirenetta verginella , che forse anche stavolta non lo era più, si uccise dalle parti del citato scoglio di Megaride , evaporando nell’esalazione dell’ultimo respiro, si aggrappò sul Monte Echia, e, come prima, da lì nacque Neapolis.
Se tutte le strade portano a Roma, tutti gli amori, contemplativi,…., o erotici, portano a Napoli.
Per questo è la città dell’amore.
Ma, prendiamo per buona la prima che s’è detto, cioè della cotta della sirena per l’Ulisse errabondo in mare.
Ulisse vittorioso nel cavallo a Troia, nome che si ripete ancor oggi nelle declamazioni sporcaccione,….., e avventuroso alla ricerca di Itaca (BRAVO GUERRIERO MA SENZA BUSSOLA….), secondo quanto disse padre Dante nel canto XXVI dell’Inferno,
“….quando
mi dipartii da Circe, che sottrasse me più d’un anno là presso Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse….!”
entrò con le sue navi nel golfo della città che poi Enea chiamò Gaeta.
Questo il legame fra Napoli e Gaeta.
Amore ed eros. E/o viceversa.
Come noi, testimoni viventi dei bastardi di Pizzofalcone, immanentemente siamo.
Gaeta. Anche lì c’è la Chiesa della SS. Annunziata. Non è Rococò come quella di Pizzofalcone.
Ma sempre dedicata all’Annunziata è.
Legame che ci porta, a noi del Pizzofalcone di Monte Echia, a riverire ogni anno, per questioni ben più tristi e sanguinose, la nostra Storia.
Dopo il 13 febbraio dello scoppio della batteria Transilvania, che vide dissolversi nel vento del boato il corpo di un nostro antico camerata, che anche allora si chiamavano così, del Rosso Maniero, Mario Giordano.
E dopo, ancora il 14 successivo, quando “…Al termine del glorioso assedio di Gaeta (1860-1861), al suono della marcia reale, la bandiera dell’esercito napoletano, issata sul pennone della batteria S. Maria, mestamente veniva ammainata, mentre << il grido, VIVA IL RE!, spinto dal popolo e dalla guarnigione, salutò Colui del quale si è voluto fare un tiranno spaventevole >>. Al posto della Bandiera del Regno delle Due Sicilie veniva issata quella tricolore, come oggi continua a sventolare…..”
Tanto secondo il dispaccio inviato da Torino il 13 febbraio alle ore 21,15.
I torinesi, sempre, come sempre, falsi e cortesi (dalla città di Cavour al bombardiere Cialdini, l’altro whatsapp o twitter: “….con le bombe si accelera la firma della resa senza condizioni….”, caso strano, ieri, e come oggi sui media, in lingua transalpina……)
Il resto alla prossima puntata.
Che riguarderà l’assedio della Cittadella di Messina e di Civitella del Tronto.
Dove si parlerà di ben altre sciabole afflitte e di inchini innaffiati di spumante e di ostriche, ostrega!, ovvero di militarismo incomprensibile e di eroismi millantati.
Perché oggi. Il 16 febbraio.
Alla prossima.
siminarion