pizzoflash 11 MAG 2016 – Palazzo Salviati. Il Sacrario ritrovato. Quasi.

Da: Annunziato Seminara
Data: 11/Mag/2016 21:24
Oggetto: pizzoflash 11 MAG 2016 –Palazzo Salviati. Il Sacrario ritrovato. Quasi.

pizzoflash 11 MAG 2016 –Palazzo Salviati. Il Sacrario ritrovato. Quasi.

10 anni dopo.
Eh sì!, dal 2006 qualcosa era cambiato.

More solito quando un zzìprete, cappellano o meno, trova uno spazio, subito l’addobba in svariati modi.

Per carità, niente di diverso dal loro mondo, commendevolissimo, per l’appunto della carità. Che quando è cristiana s’impegna a trasformare gli ambienti facendoli diventare le succursali di Cappelle votive. Immagini, statue, quadri nicchie con armi di un sacrario che diventano nicchie per effigi.

E’ il segno della carità. Della carità che si diffonde.

E, come nel nostro caso, pensa alla propria carità. Che è cristiana.

Ma è carità, anch’essa cristiana, quella di un Sacrario Militare.

Carità nel senso cristiano che raccoglie e abbraccia qualsiasi uomo che muore. Che sia sodato o meno, sempre un uomo che muore. Se poi lo fa per una causa, allora, quand’è nel suo spazio, deve essere rispettato nella sua dignità. Anche del non credente. O di altra confessione.

Perché sappiamo che quando va di là, dopo di noi, trova certamente la carità del Cristo che l’accoglie.

No?

E quello spazio deve essere, forse, il più asettico possibile. Perché quella carità, ecumenica, è per tutti. Non ha raggi di sole diversi rispetto ad altre. Come per quelle religioni che non voglio effigi. Nessuna immagine. Nessun “sembrare”. Solo meditazione. Forse neanche preghiera e memoria. La meditazione nello spazio assoluto E’ preghiera. Quando non è immagine, poi, E’  ESSERE.

 

Quasi quasi, con sconcerto e fastidio, perché usa allo scopo di spiegare quello che è avvenuto, di una pietas da porre come “occasione”, è stata quella provata un anno fa, quando con Gucciardino, Nocchi, Mimmo D’Angelo, noi tutti peccatori, forse io più di tutti (detto fra noi “senz’altro”, ma non ditelo in giro!), abbiamo fatto la scoperta della succursale di un “Divino Amore” trasteverino (n.d.r.: il Divino Amore è un piccolo santuario alle porte di Roma, frequentatissimo), in Via della Lungara, dentro Palazzo Salviati. Nel Sacrario del Collegio-Scuola Militare di Roma.

Dove sono ricordati anche i “nostri”.

Eravamo lì per ricordare uno di noi, Di Donato, che ci aveva lasciato il suo zaino.

 

Mancavano anche il Labaro e lo Stendardo: dalla precedente cerimonia di novembre a Napoli.

Una rovinosa caduta aveva spezzato il puntale del Labaro, dalle 40 medaglie d’oro (!!!). Per ripristinarlo s’è già scritto. Il nostro Premio Oscar, Stefano Dubay, ha fatto lo stampo con la stampante 3D. Da lì un fonditore dell’ottone.

Ora è ok. Ma non è questo l’argomento. Forse qualcosa va ancora fatta. Vabbé. Accontentiamoci.

 

Qui pochi pensieri. E’ solo per riflettere, tutti, che quando un soldato muore, non ha una Patria personale.

Domenica scorsa, nella Chiesa del S. Spirito dei Napoletani, l’Officiante, Mons. Zagotto, nel parlare di NOI, NUNZIATELLA, ha detto, qualora qualche svagato dissacratore della morte di un soldato rispetto a quella di un uomo comune diventasse attento e critico a quell’omelia, che “al di là del tempo”, parlando del Paradiso, c’è anche lì una Patria.

 “La Patria al di là del tempo”.

A quella tutti dobbiamo pensare. Anche chi della religione fa l’impegno del quotidiano “aministrativo” delle cose terrene. Quando dovrebbe evitare che il “luogo” diventi “location style”.

 

Il Sacrario Militare è Patria, per un soldato che muore. Patria al di là del tempo!

 

Oggi eravamo una 50ina: Nunziatelli e Morosiniani. Gotha presidenziali, Veterani, Pretoriani. Benedetti, con i Labari della “Lazio”, della Teulié, e Allievi della Nunziatella, della Teulié, della Dohuet.

Non c’erano quelli del Morosini. Peccato. Già!, un peccato nel vero e freddo termine. Parola cruda. Ma quella che va detta. E scritta. Nessuna attenuante al mancato appuntamento dopo invito di Gucciardino, dil Presidente della Sezione laziale.

Al di là dei mari e del tempo , in questa Patria, non dovevano mancare.

 

L’Arcivescovo Militare, Mons. Santo Marcianò ci ha benedetti, mentre gli squilli del Bersagliere c parlavano del “Silenzio”. Parole vere e garbate verso le Scuole Militari,  parole sincere di ammirazione.

Ci ha fatto dono, poi, di un rosario. Forse ce l’aveva con me, e per evitare che dovessero essere invidiosi “gli altri”, l’ ha fatto diffondere a tutti.

Santo di nome e di fatto. Non a caso Marcianò, cognome che evoca il gesto del soldato che non cammina. Marcia.

E il miracolo è avvenuto. La moltiplicazione del rosario.

Il miracolo in quella Patria al di là del tempo.

Verranno diffuse immagini e cronache più puntuali. Di una cerimonia garbata, nelle righe “del tempo”. Senza sproloqui. Sobria. Elegante. Senza fronzoli e strasse. Ad altri il compito della cronaca di oggi.  Che è deputato a farlo e che ha registrato.

Questo è un dire “a latere”. Il pensiero di quello che ho provato e che a voi, sfortunati lettori, propongo.

Perché, grazie a Dio, la Patria non sia solo là, e che adesso sia anche al di qua del nostro tempo.

 

siminarion