Da: Renato Benintendi
Data:09/08/2015 20:30 (GMT+01:00)
L’ Allievo di Mensa
Ci fu un tempo in cui l’ HACCP, il Codex Alimentarius, avvertenze del tipo “da consumarsi preferibilmente entro…”, la ISO 9000 e ammenicoli simili non avevano fatto ancora la loro comparsa nei meandri delle cucine della Scuola. Il garante di questo mondo ancora non salvaguardato dalle norme a venire era un personaggio senza qualita’ a cui tuttavia toccavano, per un solo giorno, momenti di splendore che avrebbe ricordato per tutta la vita: l’ Allievo di Mensa. Questi era un cadetto del secondo anno, che, strappato al proprio destino di biologica indefinitezza, bruco strisciante in viaggio verso l’ agognata foggia di divina farfalla, viveva l’unico momento di gloria del piatto anno da cappella. L’ eletto, informato il giorno prima della meravigliosa circostanza avuta in sorte, veniva, come si faceva con i cavalieri in odore di investitura, condotto lungo la iniziatica scala che mena al refettorio allievi. Qui giunto, quasi avessero improvvisamente riconosciuto i quarti di nobilta’ mai rilevati in precedenza, l’ ufficiale di mensa, il capo cuoco ed il plotone dei cucinieri lo ricevevano come si fa con un capo di stato. L’ allievo di mensa dubitava di aver realmente consumato in quel medesimo posto i precedenti pasti, considerati gli onori che solo in quel giorno la truppa del catering gli tributava. Sollevato da tutte le incombenze militari, sin dalla prima adunata mattutina, veniva reso edotto del fatto che nell’ antico istituto venivano segretamente serbate leccornie e delizie inimmaginabili, tali da rendere ridicoli futuri slogan del tipo “Dove c’ e’ Barilla c’ e’ casa”. Coccolato, corteggiato e conteso nella fucina di Lucullo, giungeva a mezzogiorno satollo come un suino prossimo al sacrifico estremo. Ardevano per lui, su braci grandi come are omeriche, bistecche mai comparse nella turnazione dei tavoli di mensa, dove improbabili polimeri dall’ apparenza bovina mettevano a dura prova le mandibole degli allievi. Le tasche gli venivano riempite di dolciumi e frutti facenti anch’ essi parte di un altro campionario. Il fortunato, ormai convinto della propria appartenenza ad una schiera divina, accoglieva le compagnie desinanti fermo in prossimita’ delle scale col sorriso beffardo di chi ha ormai piena conoscenza dei sacri misteri. Cosi’ fino al tramonto, quando a guisa di una Cenerentola in uniforme, l’incantesimo cessava e la farfalla ritornava al suo stato di bruco, chiedendosi se le immagini e gli umori ancora vivi nella mente non fossero l’ effetto di allucinazioni da razione K dell’ ultima giornata tattica. E mentre affacciato sull’ irripetibile golfo di Napoli, meditava sulle stranezze evoluzionistiche della Nunziatella, non si avvedeva del fatto che strani personaggi provenienti dalle cucine si muovevano furtive nel Cortile Grande, rotolando verso le auto, a mo’ di ruote primordiali, gigantesche forme di parmigiano e brandendo conoidi di prosciutto crudo nella sera di Pizzofalcone.