pizzostory 22 AGO 2019. I fili del telegrafo di San Francesco di quel 22 agosto 1860

Da: Annunziato Seminara
Data: 22/08/19 08:06 (GMT+01:00)
Oggetto: pizzostory 22 AGO 2019. I fili del telegrafo di San Francesco di quel 22 agosto 1860.

E’ sera sulla Marinella, il 21 agosto del 1860.
Stanno ancora accatastando polveri, armi e bagagli con mutande e camice rosse sporche di sangue. Le altre, quelle vere dei macellai argentini acquisiti per l’avventura da Mille e circa di Bergamo e dintorni, appena asciugate dal sole dello Stretto, sono indossate da una frotta di “saraceni” di quei tempi andati. Tanto “saraceni” che qualcuno, anzi in parecchi dall’accento siculo, marinai di quei barconi e di un paio di barche vere, con la vela, solo la randa come i pescatori seri, e diversi , come numero!, accompagnatori “fan”, assoldati quei soldateschi di soldati?, seguivano le schiere di silenziosi assaltatori di quella magnifica insenatura naturale della costa di quel pezzo dell'”Antica Brutium”.
Anche allora era “Costa Viola”. Quella vera, così colorata per effetti dei fondali del blu cobalto davanti la Fata Morgana reggina.
Diritto su, a strapiombo di circa 200 metri, il pianoro dove si ergeva una Torre, quella sì che era “saracena”, detta di San Francesco per una vicina edicola che ricordava il precursore del Papa Bergoglio, che non è ancora Santo e che invece altri non lo vorrebbero dove sta.
Per noi, sta bene là, dentro il colonnato del Bernini, sperando che santifichi al più presto il Generale di Dio, ovvero il Dio di Generale, Francesco Maria Chiti.
Per noi, cioé per me, per i Granatieri e per la Storia della Associazione della Scuola Militare di Roma, Palazzo Salviati, e per un pezzettino della Teulié de la gran Milan (non il Milan, che poco interessa qui, sul mare di Palmi).
Ebbene, oppure orbene, fate come ve pare, il Capo di quelle pattuglione spiaggiate più in basso, colui che due mesi prima, quand’era a Palermo, fu decretato “Dittatore” da Sua Maestà il Re Emanuele II di Piemonte e Sardegna, il savojardo che da lì a pochi mesi diventerà Re d’Italia primo, salì la mattina dopo,

il 22 agosto del 1860,

alle 06 ore e minuti 48, e se non ci credete andate a consultare i resoconti meteo di “la7”, derrancando a pedagna su pianoro. Vista sullo Stretto di Messina, e Reggio di Calabria….non dimentichiamolo!, di un palcoscenico di immenso fascino, a fianco del Monte di Sant’Elia che scende a picco da 595 metri sulle piccole e magnifiche insenature di Cala Janculla a sinistra, Comune di Seminara, che’ va detto ‘sto nome musicale!, e della Marinella del Comune di Palmi, l’antica “Palma”, a destra.
Marinella. niente a che vedere con le cravatte a 7 pieghe di Santa Lucia a Napoli!
Gli hanno detto, al Nizzardo Giuseppe, maritato con Anita, e dal cognome Garibaldi, che lì, nei pressi, il Ferdinando II, quel Re di un Borbone, aveva “registrato” una postazione telegrafica.
Sì, due anni prima, i borbonisti avevano messo a pieno regime le postazioni telegrafiche di quel Regno, dividendole in “divisioni”. L’ultima dello Stivale era costituita dalle primordiali antenne elettriche di Reggio, di Monteleone e di Palmi.

Già, Palmi, che guardava il grande orizzonte delle invasioni saracene con la visuale di Bagnara, Torre di Capo Rocchi, e di Ruggero, l’ultimo castellano, e di Pietre Negre, o Pietre nere, ch’ oggi sarebbe razzista, della Torre omonima o anche “Saracena”.

Ai comandi l’elettricista messaggiatore, non “massaggiatore”…..
Scrive sotto dettatura del Grande Garibardo:

Le truppe nemiche si sbandano, la nostra marcia è un trionfo…..!

Anche qui siamo ai primordi.

Il Diaz Armando lo immortalò 58 anni dopo per noi posteri della Grande Guerra. Più lungo messaggio, stesso significato. Non s’era sul Volturno, né vicino a Teano, ma il succo che fa buon brodo quello era.

Oggi quella Torre non c’è più.

Nel 1956, quasi un secolo dopo, l’Amministrazione di Palmi, guidata in quel tempo da un sSindaco democristo, diede il via a lavori di restauro ambientale di quel pianoro.
Le rovine di quella Torre “antica”, effetti delle scosse telluriche del 1908, furono rimossi e dispersi.
Arrembaggio operaio con un disastro ambientale che voleva essere di bonifica ambientale.
Del tipo della romana “Via della Conciliazione”.
E di tanti progetti assai cari ai “resilienti” bonificatori dell’Architettura. E della Politica. E del Diritto.

Della verità. E della Storia.
Non c’è più quella Torre, neanche nel ricordo che consolida la memoria.
Solo la località “la Torre”, in vernacolo “a Turri”. E una trattoria vicina, “La Torre”.E nessuno sa perché. Tranne qualche nostalgico cronista storico del luogo, ma con molta approssimazione, come un vecchio sogno d’infanzia.

Rancola sempre il respiro di Burt Lancaster, il viscoviano Gattopardo.

O forse quel telegrafista ha scritto male i numeri del C.A.P. di Racconigi?
O forse qualcuno a tagliato i fili di quel telegrafo prima che Guglielmo Marconi lo inventasse senza vincoli nell’etere? Avevano pagato la bolletta i borbonici e le Camice Rosse non si erano saputi sostituire?, ieri come, forse, oggi?………

Vi lascio qualche immagine di ieri e di oggi.
Fantastico senza fantasia quel che sempre resta, il mare della Costa Viola.
E i suoi dintorni umani e umanisti.

siminarion