Categoria: Il pensatoio di siminarion

pizzostory 24 MAG 2015. Scampolo di Nardo e Turi Seminara

Da: Annunziato Seminara
Inviato: venerdì 29 maggio 2015 07.34
Oggetto: pizzostory 24 MAG 2015. Scampolo di Nardo e Turi Seminara

pizzo story 24 MAG 2015. Scampolo di Nardo e Turi Seminara

C’era qualcosa nell’aria. Che mi sfuggiva e non riuscivo ad afferrare.

Finché l’intuito, dopo una “pizzata” sobriamente garbata e ma, invero, assai “francescana”,

l’appetito non soddisfatto mi stimola la memoria e

mi fa rivedere la foto di gruppo del corso 1909,

dove, in basso, a metà (5° posto, da destra e/o da sinistra……)

c’è Francesco Bagalà, di Palmi, Capocorso;

in alto di due file, il secondo da sinistra, Leone Massa, già Consigliere dell’Associazione Ex Allievi,

Papà di Camillo Massa, mio compagno di corso ed ex di plotone scientifico, sempre il Grande Primo….,:

ma Salvatore e Lionardo Seminara dove sono?

Ovvero: quando il sangue dei parenti non ci sono

(boh, chissà che fece mio nonno, l’Annunziato pure lui…..),

ma vivono fra di noi

quelli dei cognomi e delle appartenenze.

Annunziato, per

siminarion

ché scrive sempre lui: ogni tanto basta!

 Annunziato SEMINARA

pizzostory 24 MAG 2015 . NARDO E TURI…..due fortunati morti per Trento e Trieste

Da: Annunziato Seminara

Data:24/05/2015 14:03 (GMT+01:00)

A: Nunziatella1787 News

Oggetto: pizzostory 24 MAG 2015 . NARDO E TURI…..due fortunati morti…per Trento e Trieste

 

Il 16 marzo scorso, Roma, Sala della Pinacoteca. Convegno di cui ne riparleremo. Paolo Gaspari, editore friulano, ha parlato dei 100mila uomini e donne che si sono sacrificati per la Patria.

Dopo l’ultimo canto degli Alpini, mi avvicino e gli dico che siciliani, calabresi, lucani e pugliesi erano lì. Anche loro.

Valga per tutti non separare anche quel sangue.

 

Due a caso, con i quali divido il cognome e il cuore del Rosso Maniero.

 

pizzostory 24 MAG 2015 . NARDO E TURI….due fortunati italiani, per liberare Trento e Trieste

Lionardo SEMINARA

 

S. Tenente del 19° Rgt. Fanteria, Medaglia d’Argento, nato ad Acireale (Catania) l’ 11 maggio del 1893 dai Marchesi Seminara.

Cadde a Sdraussina il 18 luglio del 1915, pochi mesi prima del fratello Salvatore, anche lui decorato di Medaglia d’Argento. Prevedeva la prossima fine quando scrisse alla Madre:

 

Mia adorata e buona mamma, carissimi tutti.

Se il fato, il destino, il volere di Colui che tutto regge, m’impediranno di tornare a voi, di riabbracciarvi, non compiangetemi, non addoloratevi, questa è la mia ultima volontà.

Ma state orgogliosi della mia fine; sappiate che se mi è dato morire, morrò contento, poiché vuol dire che la mia vita era necessaria, indispensabile, per il conseguimento della salvezza e della grandezza della nostra Grande Madre la Patria, i cui interessi sono fiero di difendere, sacrificando ad essa anche me stesso. Vi sia intanto di conforto e di sollievo l’apprendere che mi dipartirò da questo mondo credendo in un Dio, e profondamente convinto della mia missione, con il pensiero e la mente a voi rivolti. Non compianto, dunque, e sconforto vi angosci nell’apprendere la mia morte, ché molto ne soffrirebbe il mio spirito, poiché muoio, avendo compiuto il mio dovere, ed è il caso di dire:

< chi per la Patria muore, vissuto è assai.>

Baci dal vostro Nardo.

Salvatore SEMINARA

 

S. Tenente del 50° Rgt. Fanteria, Medaglia d’Argento, studente, nato ad Acireale (Catania) il 29 novembre 1891, dai Marchesi Seminara, caduto sul Col di Lana il 22 ottobre 1915.

Era fratello di Lionardo.

Indosso alla sua salma venne trovata la seguente lettera diretta alla mamma.

 

Mamma,

quando riceverai la presente anch’io avrò pagato il mio tributo alla Patria, anche il tuo secondo figlio non è più. Mamma adorata, la volontà di un morto è sacra e immutabile.

Mamma, mia buona mamma, ecco il mio volere: voglio che tu sii forte, che non ti lasci vincere dal dolore, voglio, comprendi mamma, voglio che tu conservi sana e forte all’affetto dei tuoi due figli che ancora ti rimangono, all’affetto di tutta la famiglia. Lascio loro la più preziosa eredità, il bene di tutti i miei beni: l’affetto della mia diletta mamma.

Voglio che tu sia la degna mamma dei due fortunati italiani, voglio che queinobili sentimenti che mi hai inculcati si rispecchino nella tua fermezza e nel tuo coraggio. Con il nome di tuo padre, del mio caro nonno, io ho ereditato tutti i tuoi sentimenti: l’amore per la Patria e per la Famiglia. Ricordi?, il picciotto di Garibaldi ti diceva:

< Figlia, se ci sarà la guerra contro l’Austria, per liberare Trento e Trieste, anch’io, anche vecchi, prenderò un fucile e andrò volontario a combattere.>

Ed il nonno ora è felice che due figli della sua diletta figlia son morti per la più grande Italia.

Ti sia di conforto anche questo ricordo. Io, Nardo e il nonno, dal Cielo, pregheremo per Voi, e dal Cielo, lui e il buon babbo, benedice la sua figlia.

Mamma, sii forte e orgogliosa delle tue gramaglie, sii di esempio alle madri d’Italia; accresci con la tua fierezza la corona di gloria, che s’è venuta formando intorno ai nomi dei tuoi figli.

Mamma non si piange sui caduti eroi, non muore chi per la Patria muore.

Io, Nardo e il nonno, dal Cielo pregheremo per Voi, che ho amati e ho avuto sempre presenti; pregheremo per la nostra Patria, che vogliamo una, forte e temuta.

Tuo figlio Turi.”

 

Lionardo e Salvatore Seminara sono Allievi del corso 1909.

I loro nomi sono scolpiti nel Masso del Grappa, baluardo dell’ingresso al Rosso Maniero.

Proprio oggi la Nunziatella omaggerà il Sacrario del Grappa:questo il motivo

per aver voluto condividere con voi queste note di pizzostory.

Le lettere mi sono state consegnate dal nostro Peppino Catenacci,

Nostro e mostro di biblioteche, la Nostra Storia che cammina!

E’ stato un dono graditissimo.

Nasce però il sospetto che dato l’amore e l’affetto che mi circonda fra di voi, ……….!,

si potesse pensare ad un “non c’è due senza tre” !

Ma forse la distrazione incombe.

L’annuario del bicentenario, quello del 1987,

già mi assegna una Medaglia d’Argento (vv. allegato) !

E non solo, campo ancora……………….

Ahivoi !

siminarion

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pizzoflash 16 APR 2015 – L’ OMBRA DEL MONDO di ANTONIO AFFAITATI

Da: Annunziato Seminara

Data:16/04/2015 06:41 (GMT+01:00)

Oggetto: pizzoflash 16 APR 2015 – L’ OMBRA DEL MONDO di ANTONIO AFFAITATI


pizzo
flash 16 APR 2015 – L’ OMBRA  DEL  MONDO di ANTONIO  AFFAITATI

Il 16 aprile del 2000, all’età di 50 anni, dopo grandi sofferenze per un mare incurabile, si spegneva Antonio Affaitati, Ex Allievo che credo sia di un corso vicino al 1965, tra l’altro cugino di Pietro Affaitati, che è del corso 1961.

Giornalista RAI, reporter d’azione, che ci aggiornava dei “fatti” nei teatri di guerra negli anni del fine secolo XIX, con voce molto intensa e un lessico eccezionalmente sintetico ed efficace.

Il suo nome non risulta nei nostri annali, di cui l’ultimo è del 2006.

I suoi funerali si svolsero nella Cappella stracolma della sede RAI di Saxa Rubra.

6 Allievi fecero un “Picchetto” d’onore.

Nella folla, molto vicino al feretro, Luciano Lombardi, corso ’54, Giornalista di spicco della RAI e poi di ADNKRONOS, piangeva senza freni.

A volte “l’ombra del mondo”, descritta dal libro che scrisse poco prima Antonio, copre i ricordi, ma forse la loro memoria potrebbe riavvicinarci al senso della vita, della vita di Antonio, che fa molto riflettere sulle malvagità e le violenze.

Era la voce che ci accompagnava nei sorsi della prima tazzulella ‘e café di primo mattino.

Ancora oggi ritorna in mente.

E’ questo un richiamo anche alla Nostra Storia.

Non solo dell’altro ieri, ma anche quella di ieri. Che è quella di oggi e che deve farci pensare al “dopo”.

 

siminarion

 

 

pizzofalconews 12 APR 2015 – UN MESE DOPO – GIANALFONSO D’AVOSSA

Da: Annunziato Seminara

Data:12/04/2015 15:15 (GMT+01:00)

Oggetto: pizzofalconews 12 APR 2015 – UN MESE DOPO – GIANALFONSO D’AVOSSA

 pizzofalconews 12 APR 2015 –  UN MESE DOPO – GIANALFONSO  D’AVOSSA 

Lo scorso 12 marzo si sono svolti i funerali di Gianalfonso D’Avossa. Corso 1954.

Il suo curriculum è stato divulgato in tutti i nostri siti, anche dall’Associazione Nazionale.

La Cappella dell’Ospedale Militare del Celio era gremita di tutti i Generali della linea di comando dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Claudio Graziano, in giù.

Non ho assistito al rito funebre perché “in servizio di Nostra propaganda” presso un liceo laziale, a Frosinone. La nostra rituale “Propaganda Fide”. Ma so che sono state celebrate esequie di grandissimo rilievo.

Non descrivo l’ apprezzamento e le lodi che sempre accompagnano le espressioni di cordoglio per persone di risonanza a tutti i livelli e che ovunque ho letto ed ho sentito.

Era esuberantissimo. I nostri “circoli” associativi lo hanno più volte citato. Proprio per tale sua attitudine oltrepassava “il Rubicone” con prorompente spavalderia. Tanto per dirla tutta: se fosse stato a Teano avrebbe apostrofato i baffoni del Re Vittorio II, l’Emanuele savoiardo, perché non ben curati, richiamando, “il” Maestà, al rispetto del lignaggio regale, non tanto quello dell’investitura e della “sembianza” quanto piuttosto quella dell’uniforme.

Certo, diranno i posteri di oggi, non sarebbe stato sul cavallo bianco dell’Uomo di Caprera. Certo, aggiungerei, perché non si sarebbe fermato a Teano.

E non si è MAI sottratto dal rivendicare e diffondere le proprie idee, senza MAI allontanarsi dalle proprie responsabilità.

Lo ricordo quando sfilai 55anni fa al mio primo giuramento nello Stadio Albricci, volgendo lo sguardo appena dopo la curva percorsa dalla mia Compagnia Cappelloni nel vedere il passo di corsa con cui trascinava felici i primi Ex Allievi che vedevo davanti alla Bandiera. Così molti anni successivi. Artigliere, correva sfidando il primato dei Fanti Piumati. Una vita sempre sul filo della sfida.

Poi ci siamo rivisti nel 1978, a Roma in circostanze Ex-Allievesche nella scuderia che gestivo sul piccolo altipiano di Tor di Quinto, località distaccata, ai margini del vialone omonimo assai noto ai romani. Lo frequentai saltuariamente con altri Ex Allievi fino a metà degli anni ‘80. Lo persi di vista per una decina d’anni, ma di tanto in tanto leggevo notizie di lui fra rotocalchi e voci di “radio fante”. Sempre emergente. Mai domo. Lo rincontrai poche volte, a Napoli, dal 2000 in poi.

Sempre gentilmente, ci confrontavamo sui temi associativi e patriottici anche su posizioni disgiunte, un paio di volte anche con fermezza, ognuno restava sulle proprie valutazioni, però SEMPRE nell’unica direzione dei valori di cui tanto si dice e si scrive.

Ho saputo molto tardi del suo stato di salute da un suo compagno di corso, Alberto Ficuciello. Cinque giorni prima del compimento del suo destino, il 10 marzo. Lo andai a trovare tutti i giorni. Non mi riconosceva. Solo una volta, voltando lo sguardo vivissimo ancora, fra tubi di plastica e respiro quasi-un-rantolo, mentre mi stringeva la mano facendo un accenno. E quasi una scintilla per farmi tornare in mente tantissime cose che è bene far sapere. Tempo verrà. Non ora, che per me è il tempo del raccoglimento.

Ero dietro al Cappellano Militare, alle 22,25 di quella sera, l’ultima. Chiamato pochi minuti prima da un suo ex sottoposto che mi vedeva assiduo in quelle ore. Avevo fatto a tempo a sentirlo ancora caldo.

Non c’era, sul tavolo della stanza, la bottiglia di champagne che, in quelle mie visite, ho saputo che aveva consegnato con l’insistenza puntigliosa che aveva, al Gen. Claudio Graziano, con l’impegno di andarla ad aprire nel suo Ufficio del nuovo prestigioso incarico di “Capo dei Capi”. Si fermò a lungo, molto a lungo mi è stato detto, il “Capo”, conversando con affabilità, quello di un CAPO che forse, anzi senz’altro, è al corrente molto più di noi delle vicende che gli hanno fatto conoscere Gianalfonso.

Questi pensieri mi assalgono oggi, nel vedere l’appunto di un mese fa sulla mia agenda.

Perché ritorna in mente la tragedia di un uomo solo davanti ai suoi ultimi minuti, quelli di una vita dalle stelle di altari e di stellette all’altare dell’ultimo respiro. Solo. Ed ero solo anch’io davanti a lui, accompagnato da qualche squillo di telefono dei suoi compagni del ’54, Alberto Ficuciello e Sandro Ferracuti. E mi lamentavo con loro che nessun uomo, per NESSUNA RAGIONE, merita di essere solo in quei minuti dell’addio. NESSUNO. Come ho ribadito a Peppino Catenacci annunciandogli la sua morte, dopo averlo comunicato al Segrenazionale Mimmo Orsini. E anche a Camillo Mariconda, amico di un altro Ex Allievo “giovane” che mi parlava di lui.

Tanto sento la necessità di scrivere. Perché NESSUNO ha il diritto di restare solo. In specie se timbrato nel Rosso Maniero, “chiunque di noi”, TUTTI NOI. Anche e soprattutto  se pensiamo che possa esserci chi sia non meritevole della nostra vicinanza.  Non è solo pìetas cristiana. E’ il Rosso Maniero. Perché sarebbe vano averlo respirato, ché tutto il resto, alla fine della fine, è noia.

In questo credo.

 

siminarion

pizzofalconews 25 MAR 2015 – LE MANI NELLE FOSSE

Da: Annunziato Seminara
Data:25/03/2015 23:36 (GMT+01:00)

Oggetto: pizzofalconews 25 MAR 2015 – LE MANI NELLE FOSSE

 pizzofalconews 25 MAR 2015 – LE  MANI  NELLE  FOSSE

 Tutto in pochi secondi.

L’appuntamento era alle 15,30. Ma l’orario era “antico”, ché il “Ministero”, quale?, secondo i custodi del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, aveva stabilito la chiusura alle 15,15.

15 dopo le 15. Quasi numeri da giocare all’antico “Lotto”.

Scrosciava impetuosa la pioggia. Pochissimi minuti per incontrarci, credendo di essere puntuali andando in anticipo, nell’incontrarci all’ultimo minuto della chiusura.

Delirio della spavalderia e del gioco in “zona Cesarini” che solo noi, cioè NOI, della Nunziatella, sappiamo fare nel nostro stare “assieme”.

In ordine sparso, Carlo Minchiotti, Massimo e Stefano della Rocca, Paolo Ballerini, Ignazio Greco e Mimmo D’Angelo. Tutti con la cravatta!

Ma erano “presenti” lo stesso, anche assenti perché dagli imprevisti degli ultimi minuti, Mimmo Allegretti, Mario Lucarelli, Mimmo Di Petrillo, Enrico Falconi, Lucio Martinelli, Carlo Ghiara.

E Claudio Donato, morosiniano, e il figlio Gabriele, teulerino.

Parole dal cellulare ai cellulari: “Siete presenti, come lo sono tutti, quote o non quote, come tutti coloro che hanno vissuto in quel tempo di affetti di tutte le Scuole Militari”.

Ne avevo proposto a Gucciardino, a fine febbraio, il rinnovo dell’idea “del giorno dopo”, idea già collaudata felicemente negli ultimi 2 anni.

L’annuncio era partito con discrezione i primi di marzo, in attesa che il Presidente della Sezione, pontifex maximus, lo diffondesse come suo diritto e suo primato. L’invito a partecipare era stata ripetuta, sempre con l’attesa citata, a metà marzo e poi il giorno di primavera, fino a questa mattina.

“Il giorno dopo perché”.

Ma perché quando i riflettori sono spenti e i fasti delle celebrazioni e della retorica rituale avvolgono il Capo dello Stato e tutto il cerimoniale che lo segue.

Dai rappresentanti del Governo pro tempore in giù.

Fino a cittadini parenti dei martirizzati sotto il tufo della periferia romana, ai cittadini delle comunanze politiche, a quelli delle associazioni ideologiche idealizzate, ai drappi ed ai gonfaloni ed agli stendardi ed ai labari di Città, di Circoli, di Associazioni: tutti che ricordano l’eccidio e lo esaltano per noi, posteri di “quei designati dal crudele destino” , e lo rivivono per le generazioni “dopo di noi”.

Radici storiche di valori.

Ma non solo.

“Non solo” perché come tutte le storie della Storia cominciano ad essere intaccate, quelle radici, dal virus della s-memoria che, come il punteruolo-rosso, distrugge la bellezza delle palme.

“Il giorno dopo” serve per riflettere, percorrere in silenzio luoghi di dignità di quei nomi che rappresentano gente trapassata nel volgare gesto del trucido fine della vita.

Per allontanare e cancellare le divisioni che dalle ideologie si trasferisce nelle fosse delle nostre lontananze.

Stare “assieme” per cercare di capire il senso della Storia di cui noi parliamo sempre, ogni novembre del giuramento delle nuove leve, la Storia che parla di valori, anche di pensieri diversi fino all’opposto, ma della lealtà, dell’onestà, dell’amicizia delle camerate e delle marce, fuori passo o fuori cadenza, delle fesserie e delle scazzottate “ai lavandini”, degli sfottò e dei gavettoni.

Per poi ritrovare d’incanto, in quei cinque minuti di ogni anno, la capacità di inquadrarci come fossero passate le ore “del giorno prima”. E di ripercorrere al passo di “Armi e brio” la festa dello “stare assieme”.

Ieri, ricorrenza dell’eccidio, c’è pur stata una rappresentanza ufficiale. Forse in extremis. Ricordata e sollecitata dalla “plancia del Rosso Maniero”. Ma non sembra che sia stata diffusa. Bastava poco.

Che ci stanno a fare i comunicatori o i cerimonieri o i segretari?

Credo che il solito Seminara, se l’avesse saputo, sarebbe andato anche ieri, oltre che oggi. Ieri e oggi, sì!, che  per cocciuto nelle sue idee sarebbe entrato nei ranghi, e avrebbe ubbidito alla regola del “giorno stesso”. Il “die esacto”, come il memento imperativo del nostro Peppino Catenacci gli ha citato, quasi con un buffetto sulle guance, un paio d’ore prima delle 15,15.

Sia che sia il die esacto, sia che sia il the day after, Tutti eravamo lì.

Credo, VOGLIO credere, che ci fossero anche gli s-memorizzati. Che VOGLIO credere, pur restando convinti delle ragioni dei propri progetti associativi, abbiano conservato quel puzzo di camerata. Quota o non quota.

Per questo il giorno dopo.

Attraverso il recupero nel silenzio dei valori di quei morti, strumentali per le faziosità delle idee di altri. Gli altri che si pensano migliori. Per  restituire a Loro, e a Noi, il senso della vita nella lealtà e della morte del corpo con le sue inimicizie, perché si possa ritornare a marciare assieme.

Lo dobbiamo a quei nomi, che “assieme” a quei 335 sotto il tufo, ce lo ricordano:

             –          le 2 M.O.V.M. della Nunziatella, Romeo Rodriguez Pereira e Roberto Lordi;

          le 2 M.O.V.M. della S.M. di Roma, Roberto Villoresi e Umberto Lusena;

          l’ Istruttore Magg. Ottorino Rizzo della Nunziatella;

          i 2 docenti della S.M. di Palazzo Salviati Giorgio Fano e Salvatore Canalis;

          e la M.O.V.M. del Gen. Simone Simoni , Padre del Cavaliere Parà Cap. Gastone Simoni anche Lui M.O.V.M. ad El Alamein, ed Ex Allievo della S.M. di Palazzo Salviati.

E oggi eravamo lì , “assieme” a tutti. Sotto la pioggia. Voglio crederlo.

Come se fosse il giorno prima, quando c’era il sole, “insieme con” chi rappresentava Gucciardino.

E Noi.

Perciò il giorno dopo, quando il buio del silenzio DEVE riportare il chiarore del sorriso e dello sberleffo. E cancellare le maldicenza e le diffidenza. E vivere il senso della Storia. La Nostra.

Questo penso e questo voglio e questo devo credere che siano “quelle Fosse”.

Non della memoria s-memorizzata, non solo dei pugni ma anche degli abbracci. E dei buffetti.

Gesti che si toccano. Con le mani.

siminarion